Cenni del passato…e lo Yoga

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Di famiglia cattolica, sin dalla nascita sono stato educato secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica, o almeno i miei ci hanno provato facendo del loro meglio, soprattutto mia madre, ma anche io ci misi impegno, sia nella teoria che nella pratica.
Una quindicina di anni fa poi, sono entrato in una fase particolare della mia vita interiore. Delle tante credenze e dogmi, da me accettate fino ad allora così come sono, senza tanto riflettere, qualcosa aveva cominciato a scricchiolare nel momento in cui cominciavo a farmi domande con la mia testa e a vedere le risposte che avevo a mia disposizione, secondo gli insegnamenti che mi erano stati dati. Qualcosa faceva acqua, e io non volevo che crollasse tutto, era tutto quello che avevo, tutto quello in cui avevo sempre creduto. Volevo e dovevo assolutamente tappare quelle falle! Non trovavo però il modo. Da alcune semplici domande che mi feci seriamente, tutto cominciò a crollare. Allora chiesi aiuto a chi di tutto quel sistema di credenze doveva intendersene, a chi aveva dedicato la propria vita ad esso, e cioè, preti e frati.
Fu allora che lo sconforto e il malessere crebbe ancora di più, quando le loro bocche si riempivano di quella frase che ognuno di noi in Italia, si sarà sentito ripetere più e più volte: “mistero della fede”. Davvero troppe erano le domande a cui mi sentivo rispondere da un povero prete o frate, spesso anziano e a volte con diversi acciacchi fisici, semplicemente con: “mistero della fede”, con il significato contestuale di “non so” o “non puoi sapere”. I loro occhi sembravano quasi chiedermi: “ma cosa vuoi sapere?”, “che vuoi che ti dica io, non mi vedi come sto ridotto?”
Altre volte invece delle risposte c’erano, ma queste erano decisamente “strane” e contraddittorie. Per non parlare poi dei dogmi…(qualcuno in particolare)…
Con quello che sto dicendo, non è mia intenzione urtare la sensibilità dei cattolici convinti, con cui mi scuso anticipatamente nel caso si sentissero offesi o non rispettati. Ci tengo a precisare che quello che sto affermando, non è la Realtà, ma è solo frutto della mia esperienza esteriore ed interiore, delle mie credenze e della mia percezione della Realtà.

 

 Confesso che ad un certo punto mi sentii solo, troppi erano i pensieri e i dubbi nella mia mente, troppe le contraddizioni dell’istituzione a cui mi ero sempre affidato con fede e cuore. Quando scoprii che anche quest’istituzione e/o chi la rappresentava, non andava molto lontano con le risposte, con le spiegazioni, mi sentii in qualche modo, ingannato su Dio, tradito, per tutto il tempo in cui invece io erroneamente, avevo proiettato in lei una guida, una guida che non fosse quella di un cieco che guida un altro cieco. Furono momenti interiori non belli e non facili. Arrivai a dubitare dell’esistenza di Dio, rimisi in ballo tutte quelle che erano le mie credenze, o meglio, tutte e sole quelle che ero in grado di riconoscere allora, in quegli anni, perché solo in seguito ho scoperto che di “credenze preconfezionate” ne ero pieno zeppo, grazie ai condizionamenti ricevuti sin dalla più tenera età o addirittura ancora prima, quando ero ancora nel ventre materno.
 Senza dilungarmi troppo sulla mia crisi interiore e su quelle che io reputavo e reputo incongruenze della Chiesa Cattolica, andiamo avanti con gli anni. Passano due o tre anni e attraverso un libro, venni in contatto con lo Yoga. In realtà ciò che stavo cercando erano solo delle tecniche di meditazione, di cui avevo sentito parlare. Sentii dire da un amico che la pratica della meditazione portava a controllare le proprie emozioni, il proprio corpo e la propria mente. Quello che sentii mi entusiasmò, seppur ancora non comprendevo bene cosa questo significasse. In casa, in soffitta, mio padre custodiva già gelosamente una piccola biblioteca di libri di cultura orientale ed esoterismo e decisi di chiedergliene uno dove si parlava di meditazione. Volevo imparare a meditare e lui mi dette un libro dove veniva trattato lo Yoga e la meditazione.
 A quel tempo, non avevo proprio la più pallida idea di cosa fosse lo Yoga. Ricordo ancora il disagio che provai quando leggendo, mi imbattei sin da subito con la parola Dio. Avevo deciso che non ne volevo più sentir parlare di Dio e di nuovo me lo ritrovavo di mezzo!? Cercavo allora di saltare tutte le righe in cui si parlava del divino, per arrivare poi al dunque, a come si meditava, alla tecnica così com’è. Giravo pagine piuttosto in fretta, a volte senza leggere nulla, Dio era ovunque!
Il mio scopo era solo quello di tenere a bada la mia mente e le mie emozioni, non certo di riaffrontare tutte le mie domande esistenziali rimaste senza risposta. E’ come se avessi deciso mentalmente che una risposta a quelle domande non ci fosse, non la si poteva trovare, ma in realtà, quello che mi faceva star male dentro, è che io, una risposta a quelle domande la volevo!
Ebbene, lessi come si meditava, feci qualche prova (ben poche per la verità), ma non ebbi grandi soddisfazioni o risultati nel brevissimo periodo, tant’è che durò piuttosto poco questo primo approccio con la meditazione…ma non fù di certo l’ultimo.
Devono poi passare ancora qualche anno di casi e coincidenze per far si che lo Yoga, la meditazione e la cultura orientale entrino prepotentemente a far parte della mia vita. Fino al primo anno di università, in vita mia, non avevo mai letto un libro per intero, dalla prima all’ultima pagina. Spero non mi leggano i miei ex insegnanti (si fa per dire), ma tutte le innumerevoli schede libro fatte, da bravo scolaretto quale sembravo…ebbene si, le feci furbescamente, come quasi tutti, in biblioteca cercando sunti dei libri in questione (ai tempi non c’era internet come oggi).
Mi iscrissi alla facoltà di ingegneria elettronica. La mia vista era di 11/10 e ne andavo fiero. All’ultima visita, l’oculista mi disse: “tranquillo, se non è scesa fino ad oggi, non scende più!”. Nei primi due anni di ingegneria poi, cominciai a leggere seriamente. Gli studi mi appassionavano, i professori mi appassionavano e la conoscenza cominciò ad intrigarmi. Fu allora che, oltre ai testi universitari, dopo cena per lo più, ma non solo…lessi circa cinquanta libri, tutti dalla prima all’ultima pagina. A volte leggevo fino alle 4 o le 5 di notte. Erano tutti libri prevalentemente di maestri orientali, quali Yogananda, Ramakrishna, Krishnamurti, Osho, Ananda Mayi Ma, Aurobindo, Sai Baba, Babaji, Vivekananda, Gandhi, e altri. Il risultato più evidente che ottenni in brevissimo tempo, frutto di questa mia nuova “pratica”, fu che la mia vista peggiorò di circa tre diottrie in quel periodo e i miei capelli cominciarono a diradarsi. Non erano certo i risultati auspicati, ma qualcosa stava accadendo dentro di me. Proprio in quegli anni, al secondo anno di ingegneria se ricordo bene, incominciai anche a praticare lo Yoga in diverse forme (Hata Yoga, Karma Yoga, Bhakti Yoga, Raja Yoga, Jnana Yoga, Laya Yoga e Kundalini Yoga). Più mi addentravo in questi insegnamenti e più trovavo risposte o possibili risposte che appagavano maggiormente il mio cuore, la mia mente e la mia anima.
Piccola parentesi: curioso il fatto che fu proprio da un prete che per la prima volta ricevetti un insegnamento diretto, guidato, su come si meditava (e non più da un libro). Era un grande prete, che aveva trascorso diversi anni in India. Conosceva molto bene e apprezzava la cultura orientale.
Ma veniamo allo Yoga, perché voglio lasciare almeno un accenno di cosa sia lo Yoga a tutti coloro che non lo conoscono e che magari pensano che si tratti solo di strane posture fisiche da contorsionisti o cose simili.
La parola Yoga, deriva dalla radice sanscrita “Yug”, che significa unire, legare assieme, soggiogare, dirigere e concentrare l’attenzione, usare ed applicare. Significa anche unione e comunione. Lo scopo principale del praticante dello Yoga infatti è (o meglio, dovrebbe essere) quello di ottenere la vera unione della propria volontà con quella di Dio.

 “Essa perciò significa il soggiogamento di tutti i poteri del corpo, della mente e dell’anima a Dio; significa inoltre disciplinare l’intelletto, la mente, le emozioni, la volontà, condizioni presupposte dallo Yoga; significa equilibrio dell’anima che rende capaci di guardare alla vita con equanimità in tutti i suoi aspetti.”

Mahadev Desai

Lo Yoga è una scienza pragmatica e reale. Ebbene si, anche io seppur ingegnere, come gli orientali credo che lo Yoga sia una scienza esatta e concreta, dove però i parametri su cui essa agisce, le variabili in questione, in generale non sono misurabili, in quanto si trovano per lo più nell’invisibile. Se solo avessimo modo di vedere il tutto, comprenderemmo la sua scientificità. Ripeto, questa è solo una mia credenza, basata sulle mie esperienze. Lo Yoga a mio avviso ingloba e completa gli insegnamenti di Gesù (non parlo di quelli cattolici), o si potrebbe dire, che si completano a vicenda se si preferisce. Nella sostanza, secondo me, non vi sono contraddizioni. Ne approfitto per consigliare a chiunque di rileggere i vangeli, libri magnifici sotto tutti i punti di vista.
Il primo libro che rese sistematica la pratica dello Yoga, è il trattato classico “Yoga Sutra” di Patañjali, risalente al 200 a. C.
Le “regole di comportamento” essenziali, trasmesse negli Yoga Sutra, si distinguono in due categorie: Yama e Niyama.
La radice sanscrita Yam, significa “tenere legato”, “tenere in mano”, “padroneggiare”.
Yama rappresenta l’insieme di regole, universali nella loro applicazione, che conducono all’armonizzazione delle relazioni tra l’uomo e tutti gli altri esseri viventi. Comunemente viene tradotto con “restrizioni”, “autocontrollo”. Esse sono da applicare alle azioni, alle intenzioni e alle parole.
Niyama, si riferisce invece all’organizzazione della vita interiore e sono regole relative a una disciplina individuale. Le restrizioni imposte al comportamento esteriore non sono sufficienti. E’ necessario che tali restrizioni esteriori vengano accompagnate da un lavoro interiore. Comunemente viene tradotto con “osservanze” o “prescrizioni”.
Vi lascio gli Yama e Niyama e l’impegno di riprenderli in ordine, di tanto in tanto, uno per uno per approfondirli singolarmente:
YAMA
  1. AHIMSA (non violenza)
  2. SATYA (verità)
  3. ASTEYA (non furto)
  4. BRAHMACHARYA (continenza)
  5. APARIGRAHA (non possessività)
NIYAMA
  1. SAUCHA (purificazione)
  2. SANTOSA (accontentarsi)
  3. TAPAS (austerità)
  4. SVADHYAYA (studio)
  5. ISHVARAPRANIDHANA (adorazione del divino)
Lascia pure il tuo commento, mi fa piacere sapere cosa ne pensi, grazie!
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