Due mondi diversi. Due linguaggi diversi. In questo post, mi riferisco in particolare al percorso evolutivo umano, alle pratiche spirituali di integrazione e risveglio.
Parlare con un linguaggio orientale agli occidentali e pretendere che essi comprendano è come parlare del mondo interiore femminile a un uomo e pretendere che egli, facendo ricorso alla sua sola razionalità, comprenda.
Questo è ciò che accade tipicamente quando si pretende di “trasferire” l’oriente in occidente (o viceversa). Incompresione ed effetti perfino dannosi.
La psiche orientale con il suo inconscio collettivo, sono diversi da quelli occidentali e questo comporta delle differenze che è opportuno prendere in considerazione a livello operativo pratico e interiore.
Ti faccio un esempio.
Quando un orientale e un occidentale dicono “io”, questo ha significati profondi piuttosto differenti all’interno di sé. Infatti, inconsciamente, l’occidentale intende uno dei suoi piccoli “io” egoici, mentre l’orientale, ancor più se indù, si riferisce a un’entità che è inseparabilmente connessa alla famiglia, alla comunità e alla natura. Questo “Io” a cui allude l’orientale quando lo nomina è quello che potrebbe essere chiamato usando altri nomi, con “Sé”, “anima”, “daimon”, “Dio”, “Atman”, “Cristo”, “Krishna” o altri ancora.
Così, occidentali che seguono ciecamente solo pratiche orientali, corrono il serio rischio di venirsi a trovare in una situazione che è potenzialmente piena di pericoli.
Con questo non voglio dire che gli occidentali non possano imparare molto dagli orientali, anzi, penso tutt’altro.
Occorre però essere consapevoli di alcuni aspetti, delle differenze e di ciò che accade o potrebbe accadere al proprio interno con delle pratiche non opportune per gli occidentali e la loro struttura psichica o polarità da integrare.
E’ bene tenere presente, che il bagaglio di pratiche orientali, sono state create ad hoc, quando va bene, da persone orientali realizzate (cioè divenute reali, e che non vivono più nell’illusione mentale), i cosiddetti Gurù, e che tali pratiche sono state in passato (e in alcuni casi lo sono tutt’oggi) utilissime per gli orientali per far loro integrare aspetti che prima erano esclusi dalla propria coscienza. Ma gli orientali sono ben diversi dagli occidentali e con essi, il loro inconscio collettivo.
Già solo questa ampia differenza sul significato profondo che gli orientali e occidentali hanno della parola “io”, fa si che si producano risultati molto differenti nel lavoro interiore con la stessa pratica.
Ad esempio, un occidentale medio, cioè addormentato, piuttosto inconsapevole della sua natura al livello esperienziale, quando afferma come un mantra “io sono Dio“, “io so tutto“, “io posso tutto” sta dicendo una marea di fandonie e si sta creando solo dei futuri problemi che dovrà prima o poi affrontare e ri-solvere.
Il risultato di una tale pratica ad esempio, molto in voga nella new age peace & love, non farà altro che nutrire la propria vanità, orgoglio e superbia.
Il tutto ovviamente, senza ottenere alcun risultato pratico esteriore in termini di padronanza della propria vita e/o creazione della realtà. Jodorowsky ad esempio sostiene che gli occidentali dovrebbero ripetersi: “io non sono nulla, io non so nulla, io non posso nulla” e anche Jung mette in guardia su queste differenze psichiche.
Così fancendo, infatti, si verrà a creare all’interno della propria personalità, un ulteriore “io” tra i tanti, a cui dò il nome di “ego spirituale” o “io spirituale” che però è un piccolo “io” della personalità, proprio come tutti gli altri, non autentico e che non origina dall’interno, ma da regole e principi dettati dall’esterno (fosse anche dal “maestro illuminato” di turno o dal miglior libro di questo mondo).
Immancabilmente, nel tempo, questo piccolo “io spirituale” verrà a contatto con la dura realtà che lui non sa nulla, non può nulla e non è nulla. Questa realizzazione futura, dopo una tale pratica assidua, sarà ben più dolorosa che se non si fosse fatta alcuna pratica, poiché comporta il destrutturare un falso io precedentemente ben strutturato, un dissolverlo o ri-solverlo. Tutto questo comporterà dolore, sofferenza e frustrazione e a volte perfino l’abbandono di un percorso consapevole (dico consapevole, perché abbandonare il proprio percorso evolutivo, è impossibile).
Per gli appassionati di Gurdjieff, questo “io spirituale” o “ego spirituale” è un esempio di quella che lui chiama “doppia cristallizzazione“. E’ solo una frammentazione in più al proprio interno, una separazione in più (che è l’opposto dell’integrazione), che comporterà un aumento dei conflitti interiori e quindi della sofferenza.
Oriente e occidente sono differenti nelle loro strutture psichiche allo stesso modo in cui lo sono donna e uomo, emisfero destro e sinistro del cervello.
Questo fa si, che un insegnamento che è puro oro per gli orientali, può essere molto pericoloso e fonte di ulteriore separazione/frammentazione per gli occidentali (e viceversa).
Il percorso evolutivo dell’essere umano ha come obiettivo l’integrità, muoversi verso l’unità, l’essere Uno. E’ fare il passaggio che porta dall’essere dividuo a individuo, cioè indiviso.
E’ muoversi verso la santità rappresentata la totalità delle polarità, dal tutto.
Nella lingua inglese è più evidente questa correlazione tra santità e totalità. Infatti la parola santità è holyness, che ha la stessa radice della parola whole, che significa tutto. Olistico anche, parola molto in voga ai giorni nostri, ha la stessa radice.
Tale percorso evolutivo, deve passare quindi obbligatoriamente per includere, inglobare, integrare al proprio interno parti di sé che prima erano escluse dalla propria coscienza, tipicamente con la forma del rifiuto o condanna.
Gli orientali sono tendenzialmente polarizzati per loro natura sull’Essere, emozioni, lo stare, la ricettività, passività, collaborazione e cooperazione. Tutte qualità queste femminili.
Gli occidentali sono tendenzialmente polarizzati invece al Fare, sul pensiero, agire, attività, combattività, competizione, separazione, differenziazione, tutte qualità maschili.
Così, le facoltà che mancano a un occidentale, saranno plausibilmente opposte alle facoltà che mancano a un orientale.
Questo fa si, che gli orientali, per raggiungere la completezza, la totalità, abbiano dovuto sviluppare tutta una serie di pratiche mirate ad integrare il maschile, mentre gli occidentali, tutta una serie di pratiche mirate a integrare il femminile.
E il bisogno profondo di unità, è anche il bisogno che ci spinge ad ammirare o inseguire inconsciamente ciò che ci manca.
Così, tra gli occidentali che fanno un percorso consapevole, è piuttosto facile trovare persone fortemente attratte dall’oriente,dall’Essere, dall’amore e accettazione incondizionata, solo perché questo è il polo mancante per realizzare la propria totalità.
Poi se si va in India e non si conoscono queste cose, ci si stupisce di trovare persone che ammirano gli occidentali per il loro agire, il loro fare, la loro volontà e che loro desiderino muoversi nella nostra direzione.
Chi sbaglia? Chi fa bene? Qual è la direzione giusta? Oriente o occidente?
A questo punto spero che cominci ad esserti più chiaro, che tendenzialmente, a grandi linee, un orientale, polarizzato sull’essere, abbia bisogno di integrare il fare, mentre un occidentale, polarizzato sul fare, abbia bisogno di integrare l’essere.
In linea generale, aumentare la disciplina, il fare, l’ordine, la rigidità a un occidentale ha il solo effetto di aumentare il suo squilibrio psichico.
Ma attenzione, perché gli orientali, hanno sviluppato nel corso di millenni pratiche che portano prevalentemente all’integrazione del maschile e non del femminile, che è invece ciò di cui tendenzialmente ha più bisogno un occidentale.
Se vogliamo, un occidentale dovrebbe guardare a quello che un orientale è, più che quello che un orientale fa per reliazzarsi e muoversi nella sua direzione.
Alla stessa maniera un orientale dovrebbe guardare ciò che un occidentale è, più che a quello che un occidentale fa per realizzarsi.
Infatti, in oriente, se vai in un ashram serio, essendo loro tendenzialmente più passivi, ricettivi, perfino remissivi nel disarmonico, si troveranno dei maestri rigidi, con la disciplina e il rigore (qualità maschili) esasperate a livelli spesso elevatissimi. Ma di questo un occidentale spesso non ne ha affatto bisogno. Un occidentale vive già in un sistema iper-regolamentato che lo fa lavorare interiormente su questi aspetti maschili.
Un occidentale, ha tendenzialmente più bisogno di imparare a lasciar andare, a mollare, ad abbandonarsi, ad accettare incondizionatamente tutto, a rilassarsi, cose che invece gli orientali sanno già fare benissimo di loro, anche fin troppo e lo facevano spesso perfino quando avrebbero dovuto darsi una bella mossa (causa del loro rimanere più arretrati nella materia).
Puoi guardare al pianeta Terra come a un grosso cervello.
L’emisfero orientale del mondo è analogo al femminile, così come l’emisfero occidentale è analogo al maschile.
Per questo in oriente si trovano più facilmente, ottimi esempi di persone che abbiano raggiunto elevatissimi livelli di accettazione incondizionata, amore, Essere, accoglienza di tutto, così come in occidente invece si trovano ottimi esempi di persone che abbiano realizzato livelli elevati di Fare, volontà, di persone che siano state in grado di agire nella materia e concretizzare nel mondo fisico, discernere, separare, lottare.
Ogni polo è però incompleto, come zoppo senza l’altro.
Così, se si vive accettando tutto passivamente, come molti orientali sanno ben fare, non si percorre la propria strada che porta alla realizzazione, divenendo come palline sbattute di qua e di là per voleri altrui (che si accettano remissivamente più che passivamente quando accade ciò).
Allo stesso modo, non si percorre la propria strada se si è polarizzati solo sul fare, fare fare, senza però sapere cosa si sta facendo, senza cioè che questo fare, origini da un contatto profondo con se stessi che può essere frutto solo dell’Essere (della Presenza).
Così il Fare dell’occidente non è da demonizzare, allo stesso modo in cui l’Essere dell’oriente non è da divinizzare, o meglio potrei dire, che sono entrambi da divinizzare.
Solo l’accettazione incondizionata orientale (femminile), unita all’agire guerriero occidentale (maschile), possono condurre alla completezza, all’armonia e a realizzare se stessi.
Se dovessi tradurre questa sensazione in una frase, la tradurrei così:
“mentre agisco e percorro la mia strada, accetto incondizionatamente tutto ciò che la vita mi riserva.
Mentre Faccio…Sono.”
Lascia pure il tuo commento, mi fa piacere sapere cosa ne pensi!
interessante ,vorrei trovare un modo per sviluppare la filosofia orientale anche nella mentalita occidentale,attraverso un progetto di lavoro valido,ma non so quale?
Vero, un bel progetto che porta con se l’intero percorso evolutivo per noi occidentali, a mio avviso.
Anche io ne sono sempre alla ricerca e sperimentazione. Credo che si tratti dell’opera più importante e anche definitiva, quella delle nozze alchemiche per gli occidentali, e cioè trovare la Via per integrare il femminile al maschile.
Ed essendo anche ognuno di noi diverso, nell’Essere e nel proprio vissuto, il tutto si arricchisce di mille sfaccettature. Stimolante…
Se lo trovi un metodo, fammi un fischio 😃