Inganni spirituali 2. Il lavoro su di sé come fede

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La fede è qualcosa di assolutamente individuale, e non possiamo e non dobbiamo istituzionalizzarla. Se lo facciamo diventa una cosa morta, cristallizzata; diventa un credo, una setta, una religione che viene imposta ad altri.” – J. Krishnamurti

 

Questo post, è rivolto a te solo se non sei nuovo al lavoro su di sé o a un percorso spirituale personale consapevole. Se hai da poco iniziato un percorso, molto probabilmente non è rivolto a te e puoi anche non leggerlo. 

A volte può accadere, che si venga fulminati e ingabbiati dal lavoro su di sé, quando invece, esso, dovrebbe servire allo scopo di condurti alla libertà. E’ un’esperienza questa che conosco molto bene e a volte può essere anche molto difficile da scovare.
Per di più, come motivazione e spinta nel farlo, in alcuni contesti e ambienti, si fanno girare spesso parole come “eroe” “atto eroico“, tutte parole che potrebbero andare a nutrire la superbia e l’orgoglio più che a “fabbricare l’anima” (come si dice nei testi di alchimia). 
Anche quella del lavoro su di sé per trasmutare, quando diventa una direttiva proveniente dall’esterno, come tutte le cose che vengono dall’esterno, comporta seri rischi e pericoli se presa come regola di vita, come fede.
  
Prima di fare una scelta, di intraprendere un’azione, può esserti utile farti alcune domande del tipo seguente e ascoltarti: 

Sento di dover fare questa cosa? (sento e non penso)

Cosa mi spinge a farlo?
E’ un sentire del cuore oppure un ragionamento o (addirittura) una pulsione “più forte di me”?
In alcuni contesti viene “pompato” molto il lavoro su di sé. Aanche io ne parlo molto ai miei corsi e per questo vorrei con questo post illustrarti anche alcuni suoi rischi e pericoli affinché tu possa conoscerli e discernere.  
Quando si provano attriti interiori o fastidi, dietro quegli attriti o fastidi si nascondono delle ombre, delle parti di sé da trasmutare e a questo lavoro di trasmutazione, di trasformazione, ci si riferisce solitamente come “lavoro su di sé”. 
Ora, andare a cercare di toccare i propri attriti e fastidi interiori a 360° per fare esercizi può essere un’ottima cosa, fino a un certo punto, e sempre con la consapevolezza che stai facendo solo un esercizio. Se non sei attento e vigile e prendessi questa cosa del cercare gli attriti come regola o condotta di vita, per poter trasmutare le emozioni, o evolversi, o espandere la propria zona di comofort, questo ti porterà molto probabilmente a perdere di vista la tua strada, la tua missione, la tua vita.
Gli esercizi vanno bene, finché e quando senti di doverli fare, perché da un certo punto in poi, devono cadere anche gli esercizi, o meglio, un certo modo di fare lavoro su di sé ed esercizi. Se hai un po’ di pazienza, di seguito ti spiegherò meglio il concetto servendomi di alcune analogie.
Da bambino e ragazzo, a scuola facevi esercizi e studiavi per prepararti alla vita, poi una volta finita la scuola, sei stato chiamato a immergerti nella vita e cominciare a vivere. Non che prima non vivessi. Prima la scuola, lo studio, gli esercizi, la formazione con tutti gli attrti che provavi, in termini di difficoltà a risolvere un problema di matematica ad esempio, o altro, erano la tua vita. Dopo, finita la scuola, di attriti su cui lavorare ne cominciano altri. E questi, sono meno standardizzati dei precedenti, e quasi sicuramente, non trovi più nei libri di testo della scuola le soluzioni alle problematiche che stai vivendo.  
Questi nuovi attriti, saranno solo quelli che si interpongono tra te e la tua missione di vita, tra te e ciò che sei chiamato da dentro a fare, a realizzare. Solo questi dovrai affrontare e trasmutare.
Vivere infatti, anche dopo che è finita la scuola, non vuol dire smettere di imparare, di conoscere, di evolversi o di trasmutare. Per vivere occorre  sviluppare e crescere nelle cose che incontri sulla tua strada, sulle problematiche che sono nel tuo proprio specifico cammino. 

Per stare nella metafora della scuola, da adulto, non si studiano più le 10-12 materie delle superiori, per intenderci. Quella formazione in maniera così generale e standardizzata (quindi poco individualizzata) la si fa nelle scuole fino a una certa età per prepararcisi in maniera vaga e generale a un po’ a tutto, non sapendo ancora “cosa si farà da grandi”. Più si cresce e più si restringe il settore, più si schiarisce la strada, e così, passando dalle elementari e medie alle superiori, si fanno già delle scelte e il campo si restringe, e poi si passa all’università (per chi prosegue), in cui la formazione è ancora più specifica, più profonda, ma su un campo più ristretto. Poi si passa alla vita, che è sempre più individualizzata e meno standardizzata, come invece erano le scuole, e di tutto quel popo’ di roba che hai studiato a scuola, su cui ti sei formato e ti sei esercitato, molto probabilmente te ne servirà ben poco per affrontare la vita, solo una piccolissima parte. Sicuramente dovrai affrontare altre cose nuove, che non si trovano scritte in quei testi in cui ti sei formato e su cui hai fatto così tanti esercizi.
Così, davanti a te, in ogni istante, hai infinite possibilità, infinite azioni che puoi intraprendere e ad ognuna corrispondono infinite strade diverse. Ora, per fare un esempio, se ipotizziamo che metà delle infinite azioni comportano per te un attrito interiore nel compierle, voglio dirti che per fortuna, non devi percorrere tutte quelle specifiche infinite strade dove proveresti attrito, non necessariamente. Io non lo so cosa devi fare tu. Voglio però dirti, che ti sarebbe impossibile in una vita percorrere infinite vie, infinite strade
La buona notizia che voglio darti è che tu non devi percorrerne infinite, ma devi percorrerne UNA SOLA: LA TUA
E nella tua, a volte potresti provare attrito nel fare il prossimo passo, e A VOLTE NO

Ogni atto che non sgorga dal tuo sé interiore, davanti a Dio è come fosse una cosa morta.” – Meister Eckhart

Si, vale anche per il lavoro su di sé.

Attenzione quindi a far si che, l’attrito e la difficoltà che puoi provare nel fare qualcosa diventi la causa motrice delle tue azioni, ciò che determina le tue scelte. Questo vorrebbe dire rimpiazzare il tuo sentire di cuore, con una direttiva mentale che viene da fuori.
Lascia che sia sempre il sentire interiore profondo a dare origine alle tue azioni e scelte e non fare che null’altro prenda il suo posto, perfino il lavoro su di sé!
Una sola strada è in linea con la tua via, con la tua missione, una sola scaturisce dal sentire che viene da dentro, dal tuo cuore, dal Sé. E’ in questo che devi osservarti e ascoltarti e non ingannarti e fare il passo giusto, che è sempre quello che scaturisce da dentro, dal tuo sentire interiore e non da quello che qualcuno ti sta dicendo (sia esso un libro, o una persona o perfino questo post). 
Filtra sempre tutto ciò che proviene dall’esterno con il tuo sentire interiore
Può essere inutile, dispendioso e stolto in termini di tempo e di energia andare a fare un passo in tutte le strade dove provi attrito solo per trasmutare, solo per trasformare e per fare lavoro su di sé
Stando alla metafora della scuola o del bambino e adulto, vorrebbe dire come se da grande, fai lo scenziato, con la missione di fare lo scienziato, ma siccome devi crescere in tutto (=“devi fare esercizi”, devi fare lavoro su di sé a 360°“) ti mettessi ad occupare il tuo tempo a studiare italiano, storia, geografia, disegno, musica, arte, stenografia magari, solo perché anche lì, non devi essere carente e ci sono delle cose che non conosci bene o che non sai fare e quindi devi farle. Tutto questo ti porterebbe a togliere tempo ed energie a quanto invece dovresti e potresti davvero fare se solo facessi il TUO, con il risultato che così facendo non riusciresti a portare a compimento la tua missione.
Se percorri la tua strada, andando avanti, puoi comunque stare tranquillo che il lavoro su di sé non mancherà, non preoccuparti se ci tieni così tanto. 
Arriveranno attriti e prove da superare, ma c’è una differenza, non da poco: la felicità.
La felicità che conviverà insieme al dolore, anche nell’attrito (quando il passo da fare sarà nella direzione dell’attrito). Felicità che ti accompagnerà insieme a un senso di pienezza
Puoi accorgerti della differenza dei frutti del lavoro su di sé, quando questo è conseguenza di un sentire del cuore e quando questo è fine a se stesso o “come esercizio”. Se il lavoro su di sé in linea con ciò che senti davvero dentro di dover fare di cuore (cioè lo incontri sulla tua strada ed è conseguenza delle prove che affronti con coraggio senza tirarti indietro), sperimenterai pienezza e felicità, mentre quando farai del lavoro su di sé andandoti a cercare le prove, dentro potresti sentire qualcosa di piacevole, ma che non riempie, che non ti dà quel senso di pienezza e gioia profondi. Potrebbe perfino portarti a maggior orgoglio e superbia. A volte occorre una grande serietà con se stessi e capacità introspettiva per accorgersene.
Un’altra analogia che potrebbe rendere l’idea di quello che ti sto dicendo, per aiutarti a comprenderlo meglio è con gli animali (si potrebbe fare con le piante, i fiori, o qualsiasi altra cosa): se sei un elefante e volessi arrampicarti sugli alberi come una scimmia, ovvio che avrai difficoltà se provassi, e magari non riuscirai mai a salire neanche su un alberello minuscolo, ma ovviamente, non è quella la tua direzione. E se sei un elefante, ovvio che nel provare a salire su un albero, proverai sempre attrito. In tal caso, il lavoro su di sé consisterebbe nell’accettare di essere un elefante e di non essere una scimmia. Accettare il fastidio e la difficoltà che senti nel provare a salire su un albero e non riuscirci, accettare e fartene una ragione amandoti ugualmente così come sei. La vita dell’elefante, non è meno brutta o felice di quella di una scimmia e non offre meno opportunità evolutive e di crescita di quelle che offre la vita di una scimmia. Sono solo diverse e non tutti dobbiamo essere tutto, altrimenti staremmo ancora nell’Uno o in Dio, indifferenziati.
Per cui, come priorità porta sempre l’attenzione al tuo interno per sentire la direzione dove andare, sentire cosa fare, e poi, solo successivamente, come conseguenza di qualcosa che nasce da dentro (e non dalla testa), lavorare su di sé su tutti gli attriti che incontrerai nella strada, nella tua strada, nel dover agire. Altrimenti, anche quella del lavoro su di sé, rischia di diventare l’ennesima regoletta che viene da fuori, l’ennesimo condizionamento che rimpiazza i precedenti, l’ennesima roba morta, meccanica.
 
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2 pensieri su “Inganni spirituali 2. Il lavoro su di sé come fede

  1. Grazie Marco 🙂
    Hai ragione, di solito non è immediato e facile e richiede un vero e proprio percorso introspettivo e di conoscenza di sé.

    Ti faccio un grosso in bocca al lupo a riguardo 🙂

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