La Libertà (II)

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“In genere l’uomo ha soltanto desideri, e ciò che chiamiamo una volontà forte o debole non è altro che la permanenza più o meno forte di questi desideri. La volontà autentica è un potere derivato non tanto dai vari desideri, di regola contraddittori, appartenenti ai diversi “io”, ma derivato dalla coscienza e governato da un io unico e permanente. Soltanto questa volontà che agisce e trasforma, può essere definita libera, perché è indipendente dal caso e non può essere modoficata o diretta dall’esterno”

G. I. Gurdjieff

 E’ da queste, a mio avviso interessantissime, affermazioni di Gurdjieff che voglio riprendere il tema della Libertà, già trattato proprio in apertura del blog. Se analizzate a fondo, da queste poche frasi, si può intravedere l’essenza dei suoi validissimi insegnamenti. Comprendere meglio quanto egli afferma, può aiutarci a comprendere cosa significhi realmente essere liberi e cosa invece libertà non è.
Stando a quanto Gurdjieff afferma, verrebbe da chiedersi da dove provengono i desideri dell’uomo in genere. Ritengo molto importante osservare i propri desideri visto che questi poi, andranno ad utilizzare la propria forza di volontà al fine di soddisfarli. Provengono questi dall’”interno” dell’uomo, dal proprio Sé o anima se preferite, o potrebbero provenire dall’”esterno”? Dove si originano?
 E’ curioso innanzitutto notare che la parola desiderare ha a che fare con gli astri. Infatti, se si va a considerare la sua etimologia, de-siderare significa osservare gli astri (sidera) con attenzione (la particella de ha infatti un valore intensivo). Per gli antichi infatti, era opinione comune che il destino, le influenze e tendenze degli uomini dipendessero dagli astri. Gurdjieff, definito un filosofo, scrittore, mistico e maestro, nei suoi insegnamenti, semrba essere molto d’accordo con l’etimologia della parola, ma fa un’importante distinzione. Se si fa attenzione già nell’affermazione citata, egli sostiene che “in genere” l’uomo ha soltanto desideri e da questi ne consegue l’impiego della sua volontà, ritenuta questa non autentica. Questa volontà non autentica, è quella che appartiene ai nostri diversi “io”. Gurdjieff riteneva infatti che uno dei più grandi errori dell’uomo è la sua illusione riguardo il suo “io”. Egli classificava l’uomo in 7 diversi tipi e sosteneva che l’uomo che non avesse fatto alcun “lavoro“, è sostanzialmente una macchina e non può fare nulla, perché per fare bisogna essere. 

“L’uomo così come lo conosciamo, l’uomo macchina, l’uomo che non può ‘fare’, per il quale e attraverso ‘tutto accade’ non può avere un ‘Io’ permanente ed unico. Il suo ‘io’ cambia velocemente come i suoi pensieri, i suoi sentimenti, i suoi umori, ed egli commette un errore profondo quando si considera come se fosse sempre una sola e stessa persona; in realtà egli è sempre una persona differente; non è mai quello che era un momento prima.”

                       G. I. Gurdjieff, “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”
Ogni nostro pensiero, umore, desiderio, sensazione dice “io” e l’uomo macchina non ha mai un “Io” permanente e immutabile. L’uomo è una pluralità di piccoli “io” separati che spesso non hanno nulla in comune tra loro, hanno intenti diversi, continuamente mutevoli, pensieri diversi, emozioni diverse, desideri diversi, e questi “io” spesso si ignorano tra loro e a volte sono perfino totalmente ostili gli uni agli altri. Gurdjieff sosteneva che l’alternarsi di questi “io” e le loro lotte continue per la supremazia, dipendono dalle influenze esteriori.
L’uomo macchina diceva Gurdjieff, non è affatto immortale. L’immortalità al contrario è quacosa da conquistare, da raggiungere. Nell’uomo macchina, i suoi moltissimi “io” muoiono continuamente. Le influenze esteriori cambiano e lui cambia. Cosa vi può essere in lui che sopravviva dopo la morte se egli cambia ad ogni istante? Per raggiungere l’immortalità, è necessario che l’uomo sviluppi un “Io” che potrà sopravvivere alla morte del corpo fisico, un “Io” permantente. Solo questo “Io” permanente è dotato di una volontà autentica, capace di agire e trasformare, una volontà libera, indipendente dal caso e che non può essere modificata dall’esterno.
In sintesi, l’uomo in genere, secondo Gurdjieff, è un automa che lavora sotto la pressione delle influenze esteriori. Queste generano i desideri. Da questi desideri si originano i pensieri. Da questi pensieri si originano “volontà” multiple e contraddittorie.
 Nell’uomo che ha sviluppato il suo essere, che ha sviluppato un “Io” permanente e immortale, le funzioni del pensiero sono obbedienti alla coscienza e alla volontà. Da queste si originano potenze emozionali e desideri obbedienti al pensiero intelligente e il corpo obbedisce ai desideri o alle emozioni sottomesse all’intelligenza.

 “Ti avverto, chiunque tu sia.
Oh tu che desideri sondare gli Arcani della Natura,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi
non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie?
In te si trova occulto il Tesoro degli Dei.
Oh, uomo conosci te stesso e conoscerai l’Universo degli Dei.”

Oracolo di Delfi

 In questo post accennerò solamente alla chiave del “lavoro” per sviluppare il proprio essere, per sviluppare questa volontà autentica, secondo alcuni insegnamenti di Gurdjieff, che poi si ritrovano non molto diversi nella sostanza, anche nell’Alchimia o Ars Regia e non solo. In futuro, descirverò più in dettaglio alcuni esercizi pratici su cui “lavorare”.
La chiave, l’essenza del lavoro, si basa sull’osservarsi unito al ricordo di Sé durante l’osservazione, fondamentale quest’ultimo. E’ necessario e di estrema importanza, sviluppare un’attenzione divisa (questo ha implicazioni sulla necessaria disidentificazione dal corpo fisico). E’ una pratica che risulterà, almeno inizialmente, piuttosto difficile, perché di fatto, l’uomo macchina, non si ricorda mai di sé stesso, egli è in uno stato di sonno verticale, pur credendo di essere sveglio, è in balia delle influenze esterne, credendo di essere libero.

 “Coloro che sanno questo sanno già molto. Il guaio è che nessuno lo sa. Se domandate a qualcuno se può ricordarsi di sé stesso, vi risponderà naturalmente che può. Se gli dite che non può ricordarsi di sé, o si irriterà, o penserà che siete matto. Tutta la vita è basata su questo fatto, tutta l’esistenza umana, tutta la cecità umana. Se un uomo realmente sa che non può ricordarsi di se stesso, è già vicino ad una comprensione del suo essere”

G. I. Gurdjieff, “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, Astrolabio

Voglio proporre in conclusione, solo alcuni spunti di riflessione. Se ci impegnamo ad osservarci nel profondo, possiamo sentire dentro di noi qualcosa di immutabile? Qualcosa che non cambia con gli anni, con l’età anagrafica? Nel silenzio, nella pace interiore, c’è forse un sentire che rimane sempre inalterato? Un sentire i cui desideri che esso genera è sempre lo stesso? Se la risposta a tutte queste domande dovesse essere un si, forse questa potrebbe essere la via per discernere una volontà autentica, immutabile, da una volontà che autentica non è, da una volontà generata da desideri mutevoli la cui soddisfazione lascia comunque e inevitabilmente un vuoto interiore, forse è nell’immutabile che va ricercata la libertà e l’immortalità.

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